Inquinamento atmosferico e COVID-19

Sars-CoV-2 si trasmette attraverso le persone. Si studiano gli effetti dell'inquinamento, che potrebbe rendere più fragile chi si ammala di Covid-19.

Inquinamento e Covid-19: che cosa sappiamo?
In Italia, le aree più colpite dal Covid-19 sono state quelle caratterizzate da una maggiore presenza di polveri sottili nell'aria. Da qui l’ipotesi che la diffusione del virus e la sua aggressività possano aver risentito dell’inquinamento atmosferico. Cosa c’è di vero, a riguardo? Il tema è stato affrontato nel corso di due webinar, organizzati dall’Associazione Italiana di Epidemiologia e dalla Fondazione Menarini (nell’ambito del progetto «RespiraMI»).


Può l'esposizione all'inquinamento atmosferico (sia cronica sia acuta) avere un effetto sulla probabilità di contagio, la comparsa dei sintomi e il decorso della malattia del coronavirus causata da Sars-CoV-2? 



La supposizione che lo smog e una più alta concentrazione di polveri sottili possano aver accresciuto il rischio di contagio e favorito un decorso più rapido della malattia nasce dalla presa d'atto che «l'inquinamento atmosferico è associato a un aumentato rischio di infiammazione prolungata, anche in soggetti giovani e sani: con la conseguente iperattivazione del sistema immunitario», ha spiegato Andrea Ranzi, epidemiologo ambientale dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale dell’Emilia Romagna. Caratteristiche (peraltro) comuni a quelle riscontrate nei pazienti colpiti dal Covid-19. Da qui l'ipotesi che vivere in un luogo con un'aria poco salubre possa aver reso più evidente l'impatto della malattia. A ciò occorre aggiungere che «chi respira abitualmente un'aria carica di inquinanti atmosferici, è a maggior rischio di contrarre infezioni respiratorie». E che alcune evidenze analoghe (correlazione tra inquinamento e infezione) erano emerse già all'inizio del secolo, in occasione dell'avvento della Sars. 

Si ringrazia la Fondazione Veronesi per l'articolo


Sul posto di lavoro, nel traffico stradale, durante il riscaldamento e perfino nelle cleanroom: le nanoparticelle sono presenti in quasi tutti i settori...

Nonostante l’enorme importanza di queste minuscole particelle, spesso si rinuncia a misurarle dettagliatamente a causa delle dimensioni e della complessità degli strumenti necessari.
Con i misuratori TESTO di nanoparticelle, queste misure possono essere effettuate facilmente, ovunque e con la semplice pressione di un pulsante...

Lo strumento testo DiSCmini ti permette di misurare la concentrazione di particelle ultrasottili (UFP) nelle seguenti applicazioni:
•Esposizione del personale.
•Tutela del lavoro.
•Qualità dell'aria ambiente.
•Qualità dell’aria esterna (ad es. città)
 

Le nanoparticelle sono sempre intorno a noi, ma non ci accorgiamo della loro presenza.

Particolarmente a rischio sono:
•Le aree pubbliche ad alta densità di traffico (particolato diesel).
•I posti di lavoro dove si effettuano brasature e saldature (formaldeide, ossidi metallici).
•Le fonderie (fenoli).
•Gli uffici (polveri del toner per stampanti e fotocopiatrici

Dal momento che le particelle di particolato sono tra gli inquinanti ambientali più pericolosi, TESTO realizza l’analizzatore di particelle testo NanoMet3. Misura il numero e il diametro medio delle nanoparticelle solide ai sensi della procedura di omologazione “Real Driving Emissions” della norma sui gas di scarico Euro 6c


Applicazioni tipiche:
•Misura del numero di particelle secondo RDE per l’omologazione ai sensi della norma Euro 6c
•Determinazione del numero di particelle per la ricerca e lo sviluppi di filtri antiparticolato.
•Caratterizzazione delle emissioni di particolato prodotte da motori a benzina e diesel